Salta al contenuto principale
22/12/2022

Individuazione di nuove Aree specifiche e di nuove misure per la tutela delle risorse idriche e abrogazione delle Zone Vulnerabili da prodotti Fitosanitari (ZVF)

22/12/2022

Il progetto, realizzato dall’IPLA e finanziato dalla Regione Piemonte, promuove la conoscenza dei suoli regionali e delle loro qualità, in relazione alla specifica capacità di fornire prodotti agricoli di eccellenza.

28/10/2022

Allevare una razza suina con caratteristiche simili a quelle della Cavour e della Garlasco per realizzare una filiera di prodotti tradizionali della salumeria piemontese distinguibili da quelli ottenuti da ibridi commerciali

19/07/2022

Le crescenti tensioni internazionali ed il successivo scoppio del conflitto che ha coinvolto Russia ed Ucraina, stanno avendo un forte impatto su tutta l’economia regionale, con ripercussioni anche sul sistema agroalimentare italiano e piemontese.

28/04/2022

La nocciola Tonda Gentile prodotta in Piemonte è considerata tra le migliori varietà al mondo dal punto di vista organolettico e per le caratteristiche di resa e attitudine alla lavorazione: si tratta dunque di un prodotto eccellente da tutelare insieme al territorio di produzione.

31/03/2022

Il nuovo PTA prevede misure per il risanamento e la tutela di corsi d’acqua, laghi, acque sotterranee e alcuni canali artificiali ed è strumento fondamentale per rafforzare la resilienza degli ambienti acquatici e degli ecosistemi connessi e per affrontare gli effetti dei cambiamenti climatici

20/12/2021

Si crede che ad estinguersi siano solo gli animali selvatici: in verità non sono solo loro, ma anche intere razze di animali domestici che, fino a qualche decennio addietro, erano comunemente allevate

14/12/2021

In Pianura padana nel periodo invernale ci sono condizioni particolarmente sfavorevoli per la qualità dell'aria, anche a causa di alcune pratiche agricole che generano particolato: per questo, l'agricoltura del futuro dovrà essere sempre più sostenibile e rispettosa dell'ambiente.

17/11/2021

Grazie al progetto di Aspromiele, Settore Fitosanitario regionale e Fondazione Agrion si è ottenuta una serie di dati e rilevazioni in grado di restituire una fotografia della contaminazione ambientale riscontrata nelle matrici del nido degli alveari monitorati

La street art interpreta il PSR

Details
Cheese 2021 - Bra (CN) - Area Piemonte
Album
4 media
La promozione della qualità nella GDO

La promozione della qualità nella GDO

Details
Raccontare l’eccellenza dei prodotti del Piemonte a provenienza certificata DOP,...

L'equilibrio - di Francesco Perotto (To,...

Details
La street art interpreta l'agricoltura sostenibile

Verso una PAC molto diversa dopo il 2020

Una ricerca effettuata per il Parlamento Europeo suggerisce profonde innovazioni per la prossima riforma: verso l’abolizione dei pagamenti diretti in favore di finanziamenti orientati agli obiettivi

di Stefano Aimone e Stefano Cavaletto - IRES Piemonte

 

Gli addetti ai lavori lo sanno bene: mentre si stanno applicando, spesso con fatica, le regole da poco entrate in vigore con l’ultima riforma, il cantiere della politica agricola comune non conosce sosta e sta già lavorando alle proposte per il prossimo ciclo di programmazione.

In quest’ottica il Dipartimento politiche strutturali e di coesione sociale del Parlamento Europeo[1], ha recentemente presentato uno studio che esamina lo stato di attuazione della riforma della PAC del 2013 e presenta una serie di proposte per il prossimo futuro[2].

Lo studio si articola in tre parti: i pagamenti diretti, le misure di mercato e di gestione del rischio e lo sviluppo rurale. Nel complesso i ricercatori presentano suggerimenti piuttosto innovativi rispetto alla situazione in atto, con potenziali ripercussioni non solo sui beneficiari ma anche sulle strutture europee, nazionali e regionali che dovranno attuarli.

 

L’ipotesi di abolire i pagamenti diretti

La prima parte della ricerca, dedicata al sostegno al reddito attraverso i pagamenti diretti, critica in modo piuttosto serio l’applicazione della riforma del Primo Pilastro varata nel 2013. In primo luogo sostiene che nella sua implementazione pratica la riforma abbia influito poco sulla distribuzione degli aiuti, i quali mantengono una struttura molto simile allo status-quo precedente; inoltre afferma che i benefici ambientali derivanti dal greening siano ad oggi trascurabili. In sintesi l’attuazione sconfessa almeno in parte i principi sui quali la riforma era stata costruita.

I ricercatori pongono all’attenzione del Parlamento Europeo alcuni suggerimenti che puntano verso un cambiamento sostanziale del meccanismi, di fatto “pensionando” gradualmente i pagamenti diretti per sostituirli, anche sull’esempio degli Stati Uniti, con strumenti più direttamente connessi ad obiettivi quali la competitività, la gestione dei rischi, le azioni favorevoli all’ambiente, al clima e ai beni pubblici. Di fatto una transizione verso un maggiore coordinamento tra gli strumenti dei diversi Pilastri, con un rapporto tra pubblica amministrazione ed agricoltori più orientato verso rapporti di tipo contrattuale mirati a precisi obiettivi. Tale impostazione sarebbe di fatto una rivoluzione rispetto al meccanismo in corso prevedendo anche un maggiore spazio per decisioni a livello nazionale, atte a garantire una corretta calibratura locale degli strumenti.

 

Verso un Terzo Pilastro?

Passando alle politiche dedicate alle misure di mercato e alla gestione del rischio, la ricerca sostiene che gli strumenti recentemente introdotti (misure di mercato, riserva per le crisi, assicurazioni e fondi di mutualità) non siano stati sinora in grado di contenere nella misura attesa gli effetti sui redditi agricoli causati dalla crescente volatilità dei mercati. L’analisi della crisi del settore del latte e delle conseguenti risposte, ad esempio, mostra come gli strumenti abbiano agito tardivamente e con effetti modesti. Un’altra constatazione riguarda il basso ricorso, da parte degli Stati Membri, agli strumenti di gestione del rischio offerti dallo sviluppo rurale.

I suggerimenti, in questo caso, partono da due principi: focalizzare l’azione degli strumenti sulla prevenzione (ma evitando la rigidità delle quote) e migliorarne il coordinamento, possibilmente raggruppandoli all’interno di una sorta di Terzo Pilastro della PAC. Gli interventi di tipo “curativo” che intervengono a crisi conclamata, infatti, possono disincentivare comportamenti previdenti da parte delle imprese (ad esempio diversificare la produzione per ridurre la dipendenza un singolo prodotto o mercato) abituandole invece ad affidarsi agli aiuti pubblici in caso di difficoltà. Inoltre, il coordinamento degli strumenti ne potrebbe rafforzare sinergicamente l’effetto, ad esempio limitando l’accesso alla gestione delle crisi alle sole aziende che preventivamente hanno aderito ad uno strumento di stabilizzazione del reddito. I ricercatori suggeriscono infine che tutte le politiche afferenti alla PAC dovrebbero trasversalmente prestare attenzione al contenimento e alla prevenzione delle crisi, un po’ come avviene per gli aspetti ambientali.

 

Diverse strade per il futuro sviluppo rurale

La terza parte del corposo studio è dedicata alle politiche e agli strumenti di sviluppo rurale, il Secondo Pilastro della PAC. La ricerca sottolinea che analizzando i PSR 2014-2020 a scala regionale emerge una forte somiglianza con quelli della precedente programmazione, confermando una bassa vocazione al cambiamento delle politiche che contrasta con l’insorgere di nuove necessità. Al tempo stesso, però, i PSR sono molto diversi tra loro, in conseguenza dei diversi fabbisogni dei territori.

Dal ventaglio di ipotesi per il prossimo ciclo di programmazione, che vanno da una piccola variazione dello status-quo ad un rivoluzionario approccio multi-fondo definito “politica di coesione rurale”, lo studio destinato al Parlamento Europeo si focalizza su alcuni principi di fondo. Innanzi tutto ribadisce che i PSR dovrebbero mostrare più chiaramente di essere strumenti a beneficio di tutta la popolazione rurale, il che implica di attenuarne la componente settoriale oggi ancora molto marcata, a vantaggio di un’impostazione più territoriale e integrata. In tale ottica si dovrebbe rafforzare la differenziazione tra i PSR, mirando a programmi sempre più focalizzati alle necessità locali. Al tempo stesso i meccanismi di progettazione e gestione dovrebbero mutuare esperienza dall’approccio LEADER, richiedendo un’impostazione maggiormente coordinata e “place based”. In proposito si potrebbe considerare che la Strategia Nazionale per le Aree Interne, introdotta con difficoltà nella programmazione attuale, un po’ per la sua novità e un po’ per qualche perplessità di Bruxelles, rappresenta forse un laboratorio ancora più articolato, poiché punta a integrare su aree delimitate l’azione di strumenti europei, nazionali e regionali all’interno di un’unica strategia d’area. Tale esperienza potrebbe quindi rivelarsi molto utile per il futuro.

 

Conclusioni

Le proposte che emergono dalla ricerca sono numerose ed interessanti, con forti elementi di cambiamento. L’esperienza suggerisce di accogliere con interesse ma anche con spirito critico tali indicazioni; si tratta di vedere quale forma prenderanno attraverso il lungo e complesso percorso che dovranno affrontare. Non di rado le ipotesi sostenute dal Parlamento Europeo sono innovative ma vengono riportate a più moderate posizioni dall’azione della Commissione e dalle pressioni dei Paesi Membri e dei portatori di interesse. In ogni caso cambiamenti ci saranno e potranno essere di non poco conto.

Peraltro, una profonda revisione dei meccanismi di funzionamento del primo pilastro e delle regole dello sviluppo rurale avrà anche un intenso impatto sui meccanismi di programmazione e gestione nazionale e locale, andando a richiedere azioni di profonda riorganizzazione.

Un secondo pilastro più territoriale e integrato e meno settoriale pone anche una sfida politica, nel senso che richiede il superamento di alcune contrapposizioni ancora esistenti tra i gruppi di interesse e un maggiore coordinamento tra le autorità titolari dei diversi ambiti di policy, ad esempio agricoltura, montagna, servizi essenziali alla popolazione, ambiente.

Infine, le innovazioni proposte, prevedendo ampi spazi decisionali a livello locale, segnalano la necessità di disporre di un quadro di conoscenza adeguato e di infittire i rapporti tra chi si occupa di ricerca e i cosiddetti policy makers, una sfida di notevole interesse per chi si dedica allo studio della PAC e dei suoi meccanismi applicati ai territori.

 

Note

[1] Directorate General for Internal Policies. Policy department B: structural and cohesion policies. Agriculture and rural development.

[2] European Parliament, Research for Agri committee – Cap reform post-2020 – Challenges In agricolture, Bruxelles, October 2016