di L. Boselli, L. Bava - Università di Milano, Dipartimento di Scienze Agrarie e Ambientali
Introduzione
Il patrimonio bovino della Regione Piemonte conta 815 migliaia di capi, circa il14 % del patrimonio nazionale (BD IZS Teramo, 2016) di cui un quarto è costituito da bovini da carne. La principale razza allevata è la Piemontese per un totale complessivo di 338 mila capi (41 % sul totale della Regione). L’agricoltura italiana, produzioni animali incluse, contribuisce per il 7 % alle emissioni di gas serra (GHG) su scala nazionale (Condor et al., 2011); essa è altresì responsabile dell’emissione di altre sostanze inquinanti, quali ammoniaca (NH3) e polveri sottili (PM2.5 e PM10) come sottolineato da Romano et al. (2013). Tra le produzioni animali l’allevamento bovino rappresenta il principale responsabile di alcune di queste emissioni (metano ed ammoniaca) che sono rilasciate principalmente in seguito alla ruminazione e alle deiezioni prodotte.
In questo contesto si inserisce il Programma di Sviluppo Rurale 2014-2020 della Regione Piemonte che identifica tra le sue priorità un uso efficiente delle risorse ed il passaggio ad una economia a basse emissioni di carbonio e resiliente al clima. Tali priorità possono essere raggiunte incentivando gli investimenti nelle aziende zootecniche per ridurre le emissioni di gas serra ed ammoniaca.
Il metodo
Uno strumento utile per quantificare queste emissioni su scala animale ed aziendale è la metodologia del Life Cycle Assessment (LCA) la cui applicazione è regolata dallo standard UNI EN ISO 14040 (2006). Il sistema è stato analizzato “dalla culla al cancello” di uscita aziendale considerando le emissioni rilasciate durante l’intero ciclo di vita degli animali ma anche quelle prodotte per coltivazione e trasformazione delle materie prime destinate all’alimentazione animale. Le emissioni sono state calcolate con un approccio Tier 2 come suggerito dalle linee guida IPCC (2006) e sulla base di dati primari (quantità di sementi, fertilizzanti e principi attivi impiegati per ettaro, sistema di alimentazione e prestazioni produttive degli animali, sistema di gestione delle deiezioni) forniti dagli allevatori attraverso la compilazione di un questionario riferito all’anno 2011 e di fattori di emissione disponibili in letteratura (Nemecek and Kagi, 2007). L’unità funzionale presa come riferimento per quantificare le emissioni è il kg di peso vivo (PV) prodotto. Nel sistema analizzato sono allevate diverse categorie di bovini: vitelloni, manze da ingrasso, ristalli, bestiame destinato alla rimonta, vacche nutrici. E’ stato poi necessario eseguire un’allocazione biofisica, basata sui fabbisogni energetici di ciascuna categoria allevata, per dividere l’impatto totale tra i co-prodotti del sistema (Dollé et al., 2011).
Le categorie di impatto analizzate sono:
- potenziale di riscaldamento globale in kgCO2-eq;
- potenziale di acidificazione in gSO2-eq;
Le aziende
L’indagine è stata condotta su un campione di 32 aziende rappresentative del sistema di produzione di carne bovina in Italia, di cui 7 situate in Piemonte (
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Figura 1
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). Un caso studio francese, localizzato in Borgogna, è stato usato per ottenere informazioni circa il sistema di produzione di ristalli esportati in Italia. Le aziende sono suddivise in tre tipologie in funzione del sistema di allevamento praticato: ingrasso, linea vacca – vitello, vitello a carne bianca. Il sistema da ingrasso comprende la filiera Franco – Italiana (F-I) e quella Piemontese (P). Nella linea vacca-vitello troviamo aziende che producono ristalli (R) e aziende che producono vitelloni e manze (VM). Il sistema vitello a carne bianca è invece costituito da una azienda da latte (VL) ove nascono i maschi da latte che sono ingrassati in centri specializzati (VB). I principali parametri distintivi delle tipologie descritte sono evidenziati in
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Tabella 1
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Le aziende da ingrasso mostrano un elevato carico zootecnico, in particolare nelle aziende che utilizzano i ristalli francesi (4.9 UBA/ha). L’insilato di mais rappresenta la base foraggera mentre i concentrati acquistati la fonte proteica. I ristalli francesi sono venduti ad una età superiore rispetto a quelli piemontesi. L’azienda di origine dei ristalli piemontesi considerata mostra migliori prestazioni rispetto a quella ove nascono i ristalli francesi in termini di capi svezzati e venduti. Le aziende vacca-vitello sono caratterizzate da una maggiore superficie agricola rispetto alle aziende da ingrasso poiché una parte di essa è adibita a pascolo. Questa superficie é destinata anche alla produzione di foraggio e alla coltivazione di granella che viene somministrata al bestiame allevato; per questo motivo le aziende vacca-vitello mostrano un indice di autoapprovvigionamento alimentare molto elevato (
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Tabella 1
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). Il numero di capi prodotti è di gran lunga inferiore rispetto alle aziende specializzate da ingrasso mentre il PV finale viene raggiunto in un periodo di tempo di poco più lungo. Nel sistema del vitello a carne bianca i maschi da latte sono destinati all’ingrasso in centri specializzati ove raggiungono un peso vivo medio di 270 kg.
I risultati
L’azoto
Il bilancio di azoto su scala aziendale è riportato in spreadsheet Tabella 2 (43 KB) . Gli ingrassatori F-I e l’azienda da latte (VL) ricorrono all’uso massiccio di fertilizzanti di sintesi mentre le aziende VM e R sono caratterizzate da colture azotofissatrici (erba medica e favino). Gli ingrassatori F-I e l’azienda da latte (VL) acquistano anche una grande quantità di concentrati. Se consideriamo l’azoto in ingresso sotto forma di animali acquistati è possibile distinguere due gruppi di aziende: ciclo aperto e ciclo chiuso. Tra le uscite gli animali venduti rappresentano la voce principale ad eccezione dell’azienda da latte. Le aziende vacca-vitello sono invece caratterizzate, in alcuni casi, da bilanci di azoto negativi. Questa evidenza è dovuta all’impiego nelle diete di alimenti aziendali e all’uso esclusivo delle deiezioni animali come fertilizzanti. In questo modo queste aziende riducono i costi alimentari con attenzione all’ambiente.
Il potenziale di riscaldamento globale
I valori medi del potenziale di riscaldamento globale stimati per il vitellone vanno da 15.2 (F-I) a 23.6 kgCO2-eq per kg PV (VM) mentre quello stimato per il vitellone Piemontese da ingrasso (P) è pari a 19.6 kgCO2-eq. In tutti i sistemi di allevamento analizzati, il principale contributo è apportato dal metano (60%) seguito dall’anidride carbonica (25%) e dal protossido di azoto (15%). Per quanto riguarda invece le fonti di emissione, la fermentazione enterica è responsabile della metà dell’impatto calcolato (45%) seguita dalla gestione delle deiezioni (18%). Nel caso del sistema specializzato da ingrasso incidono fortemente gli input alimentari (17%) e anche il pascolo (2%), praticato nell’azienda di nascita dei ristalli. Nel caso del sistema meno intensivo (linea vacca-vitello) la fertilizzazione (13 %) e l’energia (10 %) sono importanti fonti di emissione.
I valori calcolati per le manze si attestano intorno ai 18 kgCO2-eq per kg PV. I contributi, sia in termini di gas che di fonti di emissione, sono confrontabili con quelli descritti per i vitelloni anche se è possibile riscontrare una maggiore efficienza da parte delle manze da linea vacca-vitello che rilasciano meno CO2-eq per kg PV (17.5) rispetto alle manze da ingrasso più giovani (18.0). Nonostante il vitello 0-1 anno non sia considerato un emettitore di metano poiché viene alimentato con latte in polvere, in realtà la fermentazione enterica conta per il 35 % dell’impatto globale pari a 7.6 kgCO2-eq.
Il potenziale di acidificazione
Il vitellone franco-italiano emette il valore più basso pari a 140 gSO2-eq per kg PV mentre il valore più alto è attribuito al vitellone VM (228 gSO2-eq). La maggior parte dell’impatto è di origine aziendale, in particolare le emissioni di ammoniaca sono osservate per l’animale in stalla e al pascolo, ma soprattutto nella fase di gestione delle deiezioni, stoccaggio e distribuzione comprese. In particolare il maggior contributo dell’azienda di origine dei ristalli è determinato dal pascolo (23%) che manca nelle aziende da ingrasso.
Sulla base dei risultati presentati si evidenzia un’ampia variabilità di emissioni tra i sistemi analizzati e all’interno dei sistemi stessi. Questa variabilità è legata ad una diversa gestione aziendale in termini di pratiche agricole (uso più o meno accentuato di fertilizzanti), di sistema di alimentazione basato sulla somministrazione di fieno ed insilato di mais associati ai concentrati acquistati contrapposto al pascolo e all’impiego di alimenti aziendali, di gestione degli effluenti con uso della lettiera permanente o di pavimentazione fessurata. Un altro aspetto da tenere in considerazione é la prestazione produttiva degli animali. L’azienda ove avviene lo svezzamento dei ristalli, poi ingrassati nelle aziende specializzate, presenta infatti indici produttivi e riproduttivi superiori rispetto alle aziende a ciclo chiuso.
Per questi motivi si può affermare che il sistema costituito da un’azienda specializzata nella produzione di ristalli e da un’azienda specializzata nell’ingrasso dei medesimi sia più sostenibile rispetto ad un sistema a ciclo chiuso.
I risultati ottenuti rappresentano uno strumento utile per l’identificazione delle strategie di mitigazione delle emissioni. Alcune di queste strategie sono incentivate nelle misure 4.1.3 e 10.1.5 del PSR. La separazione delle frazioni solida e liquida delle deiezioni e la copertura delle vasche di stoccaggio consentono infatti una riduzione delle emissioni di ammoniaca durante lo stoccaggio dei liquami, mentre lo spandimento dei reflui con interramento immediato consente di limitare notevolmente, rispetto alle pratiche di interramento tradizionale, le emissioni ammoniacali in campo. Altre efficaci strategie, non indicate tra le misure del PSR, riguardano interventi sulla dieta dei bovini per renderla più digeribile e coprire i fabbisogni azotati degli animali allo scopo di ridurre sia le emissioni di metano enterico sia le escrezioni azotate responsabili delle emissioni di ammoniaca e di protossido di azoto.