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Crisi del riso: si muove anche l’Unione Europea

di Stefanio Cavaletto - IRES Piemonte

La Commissione Europea ha deciso di aprire un’indagine sull’eccezionale aumento delle importazioni di riso proveniente da alcuni paesi del Sudest asiatico. Si tratta principalmente di Cambogia e Myanmar, due tra gli Stati che rientrano nel regime EBA, un’iniziativa dell’UE per permettere ai Paesi meno avanzati di esportare senza barriere doganali a patto di non violare i diritti umani e dei lavoratori. L’indagine era stata sollecitata da un gruppo di Stati europei guidati dall’Italia, la cui risicoltura è stata messa in crisi da questa improvvisa ondata di prodotto importato.

Il dato più evidente riguarda le varietà Indica: grazie ai dati elaborati da Ente Risi si nota come, a fronte di un consumo interno all’UE rimasto pressoché invariato, la quota di produzione comunitaria sia progressivamente calata lasciando spazio al prodotto proveniente dai paesi extra-UE. Tra questi spiccano proprio i paesi dell’area dell’Indocina come Thailandia, Myanmar e Cambogia la cui quota di mercato nell’UE relativa al riso lavorato o semilavorato di tipo Indica è passata dal 7,5% della campagna 2009/10 al 40,5% della campagna 2016/17.

L’aumento dell’offerta a prezzi fortemente competitivi ha portato le principali industrie nazionali ed europee ad acquistare riso nei paesi asiatici costringendo i nostri produttori a competere con realtà i cui costi di produzione (in particolare la manodopera) non sono confrontabili con quelli dei paesi UE. Questa situazione ha provocato una crisi articolata su due fronti strettamente connessi tra loro: le superfici e i prezzi. Molti risicoltori, infatti, si sono orientati sulle varietà di tipo Japonica o su altre coltivazioni con il risultato di una diminuzione delle superfici seminate a varietà Indica del 42% tra il 2011 e il 2017. Le quotazioni del riso alla produzione, influenzate da quelle molto più basse provenienti dai paesi orientali, hanno subito bruschi cali con molte varietà tra le più diffuse in Piemonte (Carnaroli, Arborio, Roma) che hanno visto riduzioni dei listini tra il 30 e il 50%. Nonostante questo, il prezzo medio del riso sugli scaffali dei supermercati è rimasto invariato.

La questione è stata sollevata in particolare il 23 gennaio scorso, quando a Bruxelles si è tenuto il secondo Forum sul Riso dell’Unione Europea, organizzato dall’Ente Nazionale Risi. In questa occasione si è discusso delle principali problematiche che hanno colpito il settore risicolo negli ultimi anni e sono state formulate alcune proposte da sottoporre alla Commissione Europea. Un punto fondamentale del dibattito riguarda il riconoscimento della specificità della nostra risicoltura. Se, infatti, in molte aree del pianeta il riso è considerata una produzione di tipo commodity, in Europa e soprattutto in Italia, essa rappresenta un settore altamente specializzato, basato su un’alta frammentazione varietale, un alto grado di innovazione ed una forte valenza ambientale.

Riconoscendo queste peculiarità, secondo le richieste dei risicoltori, la Commissione dovrebbe garantire una maggiore tutela del prodotto, sia nei prossimi accordi commerciali con paesi terzi, sia nella prossima riforma della PAC.