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Le nostre esperienze: il Centro Cicogne e Anatidi di Racconigi

Il racconto di esperienze dirette di aziende, imprenditori agricoli e altri soggetti beneficiari del Programma di sviluppo rurale. Non sono modelli ma casi significativi per l’innovazione che hanno portato e per la capacità che hanno dimostrato nel cogliere le opportunità. 

Gabriella Vaschetti: dalla passione di un padre un futuro per le figlie

Ci racconta in breve la storia della sua azienda?
La nostra è un’azienda familiare, che ora è diventato il Centro Cicogne e Anatidi di Racconigi, ma nasce dalle cascine delle proprietà dei Savoia, riscattate da mio nonno e in cui mio padre Bruno ha proseguito l’attività. In questa zona l’agricoltura è soprattutto mais e allevamenti…Quando mio padre si è reso conto che, avendo avuto tre figlie femmine, forse il lavoro tradizionale in azienda non sarebbe stato il più adatto…. ha capito che doveva dare un indirizzo diverso all’attività, anche perché quelli erano gli anni in cui il miraggio delle fabbriche attirava molti contadini e in più si stavano diffondendo malattie zootecniche sulla razza piemontese e questo portava purtroppo alla perdita del patrimonio e alla conversione verso l’allevamento di suini o il mais. Un momento di crisi generale, dunque, e di ripensamento. Tra l’altro la monocoltura del mais provoca un impoverimento del terreno e della biodiversità, pur essendo una coltura forse più facile da gestire.
Così mio padre ebbe una vera e propria “intuizione”: quella di seguire la sua vera passione, che definirei “devastante”, per l’ornitologia, l’osservazione degli uccelli migratori: diceva sempre che quello di osservare gli uccelli nei loro spostamenti era l’unico diversivo che aveva quando si trovava con le bestie al pascolo!

Come ha fatto a trasformare un passatempo in un lavoro?
Le cicogne sono sempre passate spontaneamente sui nostri terreni, quindi eravamo evidentemente sulle rotte giuste e l’ambiente era adatto; nel 1980 una coppia di cicogne ha nidificato vicino a casa nostra e da questo è nata l’idea: grazie a un’amicizia con esponenti della Lipu e alla conoscenza di un’attività analoga in Svizzera, mio padre si è informato ed è riuscito a creare un centro sosta per le cicogne, andando tra l’altro a vedere di persona e a studiare l’esperienza in Svizzera.
Non servivano grandi attrezzature, ma molta passione, studio, ricerca, voglia di sperimentare, secondo il vecchio stile dell’allevatore che cura il suo bestiame ogni giorno.
La vera nascita del Centro è del 1985, con le prime dieci cicogne che ci sono state donate proprio da questo “pioniere” svizzero e la reintroduzione della cicogna bianca, specie estinta in Italia come nidificante. Siamo stati molto fortunati perché la prima coppia si è fermata a nidificare subito e da allora abbiamo circa 30 coppie, quest’anno addirittura 36. Ovviamente la scommessa era quella di farle tornare da noi ogni anno e quindi di creare l’ambiente più adatto e confortevole per loro.
Man mano ci siamo accorti che la gente aveva curiosità, anche grazie a tutti i significati mitologici e simbolici che la cicogna porta con sé, e veniva a vedere spontaneamente gli animali. Questo ci ha dato lo stimolo per ampliare l’oasi, creando laghetti e zone umide, e cercando via via di attirare altre specie, in particolare gli anatidi (oche, anatre e cigni) che ora sono numerosi. Alcuni sono molto rari o in via di estinzione. Ora siamo centro di ripopolamento per la Lipu e centro di recupero della fauna selvatica, istituito dalla Provincia di Cuneo.

Quando è iniziata la vostra esperienza con il Programma di sviluppo rurale?
Dal 2004, quindi sin dal periodo di programmazione 2000-2006, e poi abbiamo proseguito con il 2007-2013. Ci mancava una zona umida per gli uccelli migratori, un’area naturale, simile a quelle inglesi, dove sono molto diffuse e gli animali arrivano da soli, al di là degli allevamenti. Volevamo affiancare agli allevamenti un’area naturale per la sosta spontanea, e per farlo abbiamo studiato e visitato esperienze analoghe in Spagna e Inghilterra.
Abbiamo fatto così domanda sulla misura 216 (investimenti non produttivi): non ci sembrava vero che nel PSR ci fosse scritto proprio quello che noi stavamo facendo e volevamo sviluppare!
Il successo naturalistico è stato enorme, sin da quando avevamo ancora i lavori in corso: arrivavano specie nuove e diventava davvero un interesse per birdwatcher, studiosi e fotografi naturalisti.
Ora abbiamo 21 ettari di oasi, di cui 17 destinati a zona umida, con terrazzamenti e acqua bassissima, adatta a piccoli trampolieri, migratori a lungo raggio che nidificano nella tundra siberiana e svernano in Africa. Noi siamo il crocevia di queste rotte, una sorta di “autogrill” in cui si fermano per il riposo e il ristoro. Quest’inverno sono arrivate 200 gru, un evento eccezionale per le nostre zone!
Con la misura 216 abbiamo realizzato anche una recinzione perimetrale per la difesa dalle nutrie e delle volpi, dai cinghiali, dai caprioli. Non è un’attività facile, presenta parecchie difficoltà, richiede molta gestione ambientale, per pulire a mano, mantenere i livelli idrici, proteggere le aree di sosta dai predatori.

Avete fatto o state facendo domanda anche sul PSR 2014-2020? In cosa consiste il progetto?
Vogliamo proseguire con la misura di gestione delle zone umide, nell’ambito della misura 10, una sorta di prosecuzione della 216, che è un’ottima cosa, perché ci dà la possibilità di fare la gestione e il mantenimento del lavoro fatto.
Abbiamo un’attività molto intensa con visitatori, famiglie e scolaresche, che spesso abbinano la visita al Castello di Racconigi con la visita alla nostra oasi e possono trascorrere una giornata ad osservare gli uccelli. All’inizio noi tre sorelle facevamo direttamente l’accompagnamento naturalistico, ora abbiamo dovuto strutturarci meglio, ma tutte e tre lavoriamo part-time in azienda: io sono un veterinario, le mie sorelle sono una laureata in diritto ambientale e l’altra in architettura, quindi tutte e tre le professionalità sono servite per sviluppare l’azienda e anche per capire come rispondere ai bandi e alle opportunità PSR. Abbiamo avuto anche molto supporto dalla nostra organizzazione professionale e dai funzionari regionali, perché all’inizio non era facile capire i meccanismi e come fare le domande.
Siamo tra l’altro sede di un intervento del Settore Aree protette, insieme al Parco del Po cuneese e rientriamo in un Sito di Interesse comunitario (SIC) con un osservatorio faunistico.

Qual è stato il ruolo che ha avuto il sostegno del PSR nella vostra attività?
Fondamentale. Come ho illustrato prima, non avremmo mai potuto sviluppare tutto questo, anche se i nostri primi investimenti sono stati del tutto privati e spinti dalla passione e dall’interesse autentico di nostro padre.

Quali sono i vostri progetti futuri?
Vorremmo piantumare la cannuccia lacustre, una canna piccola e flessibile che può favorire l’arrivo di specie diverse. Vorremmo potenziare ancora la biodiversità e cercare di accogliere sempre nuove specie.

Che tipo di messaggio si sentirebbe di dare a un giovane che vuole intraprendere un’attività come la sua?
Sarebbe bello che altri agricoltori aderissero a questo genere di opportunità, anche se so che serve preparazione tecnica e tanto lavoro: noi siamo state aiutate dall’esperienza di mio padre che ha gettato le basi. Forse per un estraneo sarebbe dura iniziare, ma per chi è abituato a vivere la campagna e accudire gli animali è un lavoro che si può apprezzare.

 

PER SAPERNE DI PIU'

http://www.cicogneracconigi.it/